“Ogni neonato che aiutiamo a venire al mondo con dolcezza, ogni neonato che allattiamo, ogni madre che proteggiamo, sosteniamo, onoriamo,

è un passo avanti verso una società globale sana e in pace.” Ibu RobinLim

mercoledì 25 luglio 2012

Dentro e Fuori dal Nido


Sono sotto l’ombrellone e li osservo.
I miei figli. (Quasi) 11 e 6 anni. Abbasso un po’ lo sguardo e osservo anche l’ultimo arrivo, ancora racchiuso nel mio grembo, poche settimane prima della sua nascita.
Uno è dentro, gli altri sono fuori. Da me, dal mio corpo.
Uno necessita del massimo contenimento possibile. Avvolto completamente dalle mie viscere, vive solo grazie al cibo e all’aria che mi attraversano. E’ totalmente dipendente da me. Da chi si mette al servizio della Vita affinchè il Miracolo possa compiersi ancora una volta. 
Gli altri vivono indipendentemente da me. Mangiano, respirano, si muovono autonomamente. La loro vita non dipende dalla mia. Per loro non sono “assolutamente indispensabile”.  Forse. Fino ad un certo punto almeno....
Ed è così che mi trovo a vivere un’estate di dinamiche davvero complesse e nello stesso tempo paradossalmente intrecciate l’una con l’altra.
Da un lato la gravidanza.
Il massimo contenimento. Protezione, massima responsabilità, accettazione totale, completo dono di se stesse. Fare spazio, estrema modificazione di sè.  In una parola: ACCOGLIENZA
E mi viene in mente l’immagine del cerchio che avvolge. Un abbraccio che contiene, ampio, morbido, ma che deve allargarsi sempre di più, e che pur rimanendo ancora chiuso, con le mani serrate, lascia spazio anche all’altro. Ogni giorno sempre più. E penso a quanta poca importanza la nostra cultura dà a questo abbraccio, a questo atteggiamento di accoglienza, a questo contenimento, privando il nascituro di un tale carico positivo, in nome di una gestazione che non si deve notare, che non deve disturbare e modificare troppo.
Dall’altro lato, la pubertà. La preadolescenza.
Due estremi apparentemente opposti. quasi una generazione a dividerli. Apparentemente.
Se osservo il mio ragazzo, infatti, vedo un ometto alto quasi come me, con un numero di piede più grande del mio e con il corpo in subbuglio. E vedo appunto un ragazzino pronto a lasciare il nido. Ad uscire dal pancione.
Già. Perchè in fondo la dinamica della gestazione e della “esogestazione” (i primi nove mesi di vita del bambino fuori dal corpo materno) si ripropone più e più volte nel corso della vita. Ed è così che ora vedo il mio ragazzo quasi pronto per attraversare un nuovo “canale del parto” che lo farà nascere ancora una volta. Non più solo fuori dal corpo della mamma, ma anche un passo fuori dal nido della mamma! Un passo che lo porterà a sperimentarsi nei primi voli da “uccellino quasi adulto”.
Ed è così che dopo l’ACCOGLIENZA, si sperimenta l’arte del “LASCIARE ANDARE”  e dello “SPINGERE FUORI”.
Dinamiche opposte, ma in fondo, due facce della stessa medaglia.
Posso lasciare andare solo ciò che ho precedentemente accolto e trattenuto.
Posso permettermi di “spingere fuori” senza sensi di colpa o senza paura di sbagliare, solo coloro a cui so di aver donato tutti gli strumenti necessari per poter volare in completa sicurezza. E loro possono desiderare vivere una vita nuova solo quando si sentono sicuri di poterlo fare con serenità ed equilibrio. Solo quando hanno sotto le ali un bagaglio di affetto e sicurezza accuratamente predisposto nei periodi precedenti. E solo quando sanno... di poter comunque fare ancora, qualche volta, ritorno al loro nido sicuro!
E solo il sottile istinto di mamma è in grado di percepire quando è davvero arrivato il momento giusto. La mamma per prima percepisce i segnali che la Natura invia al corpo suo e dei suoi figli, lei per prima comprende a quale stadio di sviluppo la famiglia è arrivata. Lei conosce se stessa e i suoi figli meglio di chiunque altro.
Sempre che glielo si permetta. Sempre che le si garantisca piena fiducia nelle sue competenze.
Lei sa quando è arrivato il momento di partorire. Lei sa quando deve spingere fuori dal proprio corpo il corpo del suo bambino. Lei sa come accogliere, accudire o lasciare andare il proprio bambino.  Sia che esso sia neonato, che abbia 6 mesi o un anno, sia che ne abbia 5 o 11.
Una mamma lo sa.  E lo sa molto prima dei padri, dei medici, delle nonne o delle amiche...
Ed è così che saprà sempre orientarsi in questa altalena di dinamiche “dentro e fuori” e di “accoglienza e spinta”.
Ed eccomi, sotto l’ombrellone, a far sentire la mia voce di “mamma che sa” (o almeno che ci prova!!!) superando quella titubante di nonna e papà, forzando il mio uccellino più grande ad uscire dal nido! 
“sì, sei pronto! puoi andare! hai tutto quello che ti serve. mamma e papà ti hanno dato tutto. supera la tua paura. abbi fiducia. Vai! ... vai in vacanza con l’oratorio da solo! gestisci il tuo corpo, i tuoi oggetti, le tue emozioni, le tue relazioni. Vola da solo per una settimana. Quando tornerai il tuo nido sarà ancora qui per accoglierti di nuovo. Ma solo per il tempo di caricare di nuovo le energie e le valigie, subito pronto per il tuo prossimo stupendo volo!”
E allo stesso modo sento quella stessa mia voce anche oggi, a pochi giorni dall’imminente parto. Parlo a me stessa e all’uccellino che è dentro di me:
“sì, siamo pronti! possiamo andare! puoi uscire e io posso lasciarti andare. abbiamo tutto quello che ci serve. superiamo le nostre paure e abbiamo fiducia! Andiamo! affrontiamo la paura di volare e lasciamo questo nido. ormai troppo scomodo per entrambi. vola mio uccellino! è già pronto un nuovo nido per te. l’abbraccio chiuso del mio ventre si trasformerà in quell’abbraccio semi aperto che ti permetterà di entrarne e uscirne ogni volta che vorrai. fino a quando entrambi ne avremo bisogno. fino a quando entrambi saremo pronti per un altro volo.”
E concludo questo girotondo di dinamiche osservando la mia secondogenita.
Piccola donna che con il suo continuo “entra-esci” dal mio abbraccio mi ha reso ben chiara questa danza continua.
Lei che, lasciata la prima infanzia, sta entrando in una nuova dimensione. Lei che non ancora volata fuori dal nido come il suo fratellone grande, si prepara a quel viaggio giorno dopo giorno. Con continui piccoli saltelli dentro e fuori dal suo spazio. Un po’ sul bordo del nido, un po’ appena fuori, un po’ ben rannicchiata al suo interno. Sta preparando le sue ali. Sta iniziando a preparare i bagagli per le sue avventure future. Deve fare il pieno di sicurezza, conoscenze, competenze ed affetti, per potersi sentire pronta di partire quando toccherà a lei.
Care mamme, permettetevi di vivere dunque ogni fase per quello che è e per quello che dà. Ogni momento è importante. Ogni attimo è propedeutico al successivo. Non saltate le tappe. Non nascondetele. Ma vivetele fino in fondo. Non invertitele. Potrebbe essere pericoloso.
Potrebbe essere pericoloso  “spingere fuori” un neonato dal nido, dal vostro abbraccio semiaperto, in nome di una inesistente precoce autonomia. Così come potrebbe essere pericoloso trattenere in un abbraccio serrato un uccellino ormai troppo grande solo perchè non abbiamo avuto modo di preparare insieme a lui il bagaglio adeguato per affrontare i suoi primi voli.
Osservate i segnali, indagate voi stesse, leggete il bambino che avete davanti... la risposta la abbiamo sotto i nostri occhi!
Buon volo a tutti!